Autore:GIROSI FRANCO
N. - M. :Napoli, 1896 - 1987
Tecnica:Olio su tela
Misure:60 x 75 cm
Classificazione: Marine, Figurativi, Oli, Nature morte, Moderni
Nato in una famiglia d’arte, Franco Girosi ebbe i primi contatti con la pittura attraverso Giuseppe Casciaro per il paesaggio e Paolo Vetri per la figura; riprendeva a studiare a Roma, con Stanislao Lipinski, presso l’Accademia inglese. Tornato a Napoli svolgeva un’intensa attività per il rinnovamento artistico locale. Partecipe da allora alle più significative manifestazioni italiane ed estere, più volte invitato alla Biennale di Venezia, incaricato per concorso al Liceo artistico di Napoli. Girosi svolge un ruolo di rilievo nella vita artistica nazionale. La sua è una pittura mediterranea, le cui componenti naturali e fantastiche formano un tutto unico, come la visione plastica di un paesaggio cosmico e mitico ispirato alla natura aspra e incandescente di Capri. Egli ha saputo creare una visione omerica dell’isola del mito e della leggenda, ma restando fermo alla realtà della roccia solare sospesa nello spazio, così realizzando la illusione poetica di una Capri preistorica, dove Venere rinasce e dove affiorano le prime forme dal caos. Sotto l’aspetto formale, tempere, inchiostri ed acquerelli richiamano la classica tempera gigantiana, atmosfericamente soffusa di luce. Nelle pitture ad olio, e nelle tempere più elaborate, la tecnica personale di Girosi ha la stessa eccezionalità di quella del Mancini, di un fluido fermentoso che si sviluppa attraverso la compattezza di immagini inventate, che sono sue, poiché la forza del suo temperamento elabora la materia in profondità, con pochi colori essenziali, sì da ottenere un simbolo che vive nella pietra, un simbolo di luce misteriosa che attira lo sguardo, distogliendolo dalla realtà contingente. Ed è perciò che la visione della natura, induce ad un silenzio contemplativo, carico di significati.
Proveniente da una famiglia di artisti, apprende dal padre i primi rudimenti della pittura. Dopo aver compiuto studi classici e frequentato il corso libero di scultura all’Istituto d’Arte di Napoli, si arruola in marina, partecipando al primo conflitto mondiale. Dal 1921 al 1923 studia pittura di paesaggio con Giuseppe Casciaro e di figura con Paolo Vetri. Di questi anni sono le sue prime mostre, che riscuotono un immediato successo: nel ’21 espone Fiori e Giardino alla rassegna dei “Grigio-Verdi”, nel ’22 presenta alla Società Promotrice “Salvator Rosa” il dipinto Case, acquistato dal barone Chiarandà e al Circolo della Stampa il quadro Piccolo Ponte, comprato da Matilde Serao. Ma, insoddisfatto di tali opere, si trasferisce a Roma, dove prende in affitto lo studio di De Chirico, frequentando attivamente l’ambiente artistico e culturale romano e stringendo amicizia con Fausto Pirandello e Marino Marini. Rientrato a Napoli nel ’27, Girosi tiene nello stesso anno una personale alla Compagnia degli Illusi. Nel ’29 prende parte al gruppo della Libreria del Novecento, composto tra gli altri da Gino Doria, Carlo Bernari e Paolo Ricci, esponendo alla prima Mostra dei Nove alcune Nature morte, con evidenti richiami alla pittura napoletana del Seicento. Sempre nello stesso anno, espone alla prima Sindacale campana, Grandine sul raccolto, opera influenzata dalla corrente romana di “Valori Plastici”, particolarmente apprezzata dalla critica del tempo. Da questo momento Girosi è presente a tutte le Sindacali campane, alle Intersindacali di Bari nel ’36 e di Torino nel ’39 e alle tre Sindacali nazionali di Firenze, Napoli e Milano. Viene invitato fin dal 1928 alle Biennali di Venezia, dove nel 1942 vi partecipa con una personale, nonché a numerose rassegne all’estero. Nel ’31, dopo aver tenuto una personale con Nicola Fabricatore alla galleria ‘II Milione’ di Milano, si reca a Parigi, restandovi alcuni mesi, e dove, grazie all’amicizia con De Pisis, diventa socio dell’Association Internazionale Artistique ‘1940’. Partecipa, inoltre, ad alcune importanti imprese decorative: nel 1936 al concorso per la decorazione della Stazione Marittima di Napoli, di cui ci restano i bozzetti, e nel 1940, realizza il grande affresco con Le opere del regime per una parete del Salone degli Uffici alla Mostra d’Oltremare. Dal dopoguerra in poi l’artista napoletano ha continuato la sua attività pittorica, esponendo sia in numerose personali, sia partecipando a mostre in Italia e all’estero, passando da una pittura più introspettiva ed intimista negli anni ’40, ad una nuova fase, iniziata nel 1962 con la personale alla galleria Russo di Roma, in cui la sua pittura, diventata più materica, rappresenta paesaggi primordiali, popolati da omini rossi e nature morte con conchiglie e oggetti di scavo sospesi nel tempo.