Autore:MANTICE ANIELLO
N. - M. :Napoli, 1938 – Portici, (NA) 1994
Tecnica:Olio su tela applicata su tavola
Misure:50 x 70 cm
Anno:1982
Classificazione: Paesaggi, Oli, Figurativi, Moderni
Aniello Mantice è nato il 3 maggio 1938 a Napoli, ha vissuto a Portici (Napoli) dove è morto nel 2003. È Membro dell’Accademia Tiberina. Ha studiato Pittura all’Istituto d’Arte di Napoli, e poi il «nudo» all’Accademia di Belle Arti. Diplomatosi pure in Arti grafiche e Pubblicità, è stato in Germania, dove ha soggiornato sei mesi lavorando e apprendendo la tecnica dell’incisione dal pittore Gustav Kurt Bock, a Wolfsburg (Città della Volkswagen). Abilitatosi all’insegnamento del Disegno, insegna Educazione artistica a Benevento. Ha partecipato a più di 25 mostre regionali e nazionali, ricevendo vari premi, coppe, diplomi, medaglie; fra queste: Premio Sulmona 1966-67; Premio FUCI di Messina, 1965; Mostra nazionale Premio Porto di Napoli, 1963; 1° Concorso nazionale Biennale di Pittura «Città del Corallo»; 5° Estemporanea nazionale Città di Benevento; Estemporanea di San Leucio del Sannio; Rassegna nazionale d’Arte 1966; Napoli Circolo Artistico Politecnico; Premio Città di Sorrento 1962; Mostra di Pittura e Scultura Città di Castellammare 1966; Mostra nazionale di pittura Città di Lauro 1966; Concorso nazionale di pittura estemporanea S. Agata dei Goti 1965; Concorso nazionale di pittura «Uomini e Storia d’Italia», 1966, Napoli; 3° Mostra nazionale d’Arte sacra Torre del Greco 1966.
Suoi lavori figurano in varie collezioni in Italia e all’estero (Brasile, Germania). Ha tenuto personali a: Cagliari, Iglesias, Vico Equense, Benevento e Napoli. Su questo valente pittore hanno espresso giudizi più che favorevoli Arturo Jannace, Bonifacio Malandrino, Vittorio Como e numerosi altri critici su riviste e quotidiani.
Figura sui libri “Il Mercato Artistico Italiano 1800-1900” della Pinacoteca di Torino; su “Panorama d’Arte” di Brescia; su “Documenti d’Arte Italiana d’oggi” di Benevento; “Linea figurativa 1972”, Ancona. È Socio dell’Art Centre Club di Torino. Ha ricevuto la Legion d’Oro come premio dell’operosità nell’arte. È iscritto all’Albo europeo dei Professionisti e Artisti (Roma).
Mantice è arrivato alla speranza. È arrivato a guardare dalla cima il dispiegarsi della vita. Saliva per la costa, sentiva la fatica dell’ascesa, la solitudine del suo ansare; guardava indietro e il suo sguardo si smarriva nella concatenazione dei rumori della gente in pianura: risse per nulla, oppressione dei meno scaltri, l’umanità imbestiata. Poi ha capito che ognuno può crearsi un suo mondo a propria immagine, e allora anche il disprezzo per la corruzione, per la superbia degli incapaci, per la boria dei presuntuosi, si è tramutato in pietà e in commiserazione. Aniello Mantice ha scoperto sé stesso come unico essere fatto a sua misura, che può creare daccapo il mondo, che può inventare la vita e di conseguenza le note e i colori che la descrivono. Ecco perché i suoi soggetti sono percorsi da brividi di azzurri e di verdi; si mantiene nella sua preferenza di accostare masse, piuttosto che delineare forme, di fondere insieme paesaggio e figura. La materia è più dolce, più serena: accomunati nello stesso destino sono la terra e l’uomo; e la terra vista dall’alto è meravigliosa. Così la conquista della verità dell’uomo, convince anche il pittore a usare comprensione per il male, anche perché il male mette in evidenza il bene. E il tutto scompare nella maestosità e bellezza della natura e della vita che al di sopra e al di fuori degli uomini resta in attesa di una possibile e sognata età dell’oro.
[…]
Aniello Mantice si trova in una fase felice della sua evoluzione pittorica. Interessato alla linea, ha cercato di creare rapporti nuovi, di masse in movimento, ha tracciato volti d’una sconsolata rinuncia o di una furia ribelle. Il segno, appena incarnato nel colore, traduceva la forza espressiva e il carattere del pittore. Un uomo calmo, all’apparenza dimesso. Aniello Mantice consuma dentro il suo spirito un fuoco di represso furore. Che appare in queste ultime opere, in cui il colore ha il sopravvento sulla linea. Il colore che trascrive uomini in tute azzurre e conclamanti in una luce rosso-verdastra, che da sola può denunciare la carica di sdegno che l’artista proietta contro un mondo falso e bugiardo. L’esasperazione che porta anche l’uomo giusto a ribellarsi nasconde una umiliazione oltre che nell’ordine spirituale, anche nell’ordine fisico. Le mani mostruose che s’alzano o che puntano su un tavolo o una sedia caratterizzano già il viso che è volutamente scontroso e contorto. I bevitori notturni rasentano l’animalità, immersi come sono in una penombra tagliata in lampi di luce giallo-verde. Aniello Mantice, uomo mite, è invece un pittore maudit? Aniello Mantice, ha solo la forza di ribellarsi, senza chiasso e pubblicità, contro un sistema di vita che schiaccia, come ha sempre schiacciato, il debole e il povero (il mondo rivoluzionato dalla tecnica non è cambiato in questo senso) e lo fa nella maniera più propria ad un artista: colpendo dalla tela inerme, con le facce e i colori infuocati, l’ingiustizia e la malvagità. E colpisce di sicuro più del fragore di una esplosione che dura un attimo. Ma la società che sembra spaventarsi del fragore di una bomba, non si accorge che l’arte vera (può anche fingere di ignorarla mettendo sul piedistallo assolute nullità per stare tranquilla) ha grido duraturo e scardina dalle fondamenta, più delle bombe, le costruzioni posticce e le impalcature oppressive. Aniello Mantice in pieno vigore creativo, non importa se non ha il grande nome, può, con le sue opere, nel nostro tempo lasciare il suo segno.