Autore:MAZZELLA ROSARIO
N. - M. :Napoli, 1932 - 2021
Tecnica:Olio su tavola
Misure:60 x 80 cm
Classificazione: Paesaggi, Oli, Marine, Figurativi, Moderni, Classici
Rosario Mazzella con questa opera ha partecipato al “Secondo Premio Nazionale di Pittura estemporanea” di Marina di Torre Annunziata Oplonti Ippocampo d’Oro
Rosario Mazzella vive a Napoli. Il suo studio è a Napoli e a Milano. Ha insegnato Discipline pittoriche presso l’Istituto d’Arte “Filippo Palizzi” di Napoli. Insignito di molti riconoscimenti, è stato il primo in molti concorsi nazionali (Premio Città di Sulmona, Premio Città di Benevento, Premio Desenzano del Garda, Premio Zerbio di Brescia, Premio S. Agnello di Sorrento) e si è classificato tra i migliori in oltre quaranta concorsi.
Napoli – Maschio Angioino: Kitch esoterico, 2018.
Napoli – Castel dell’Ovo: Dialogo tra generazioni, 2018.
Napoli – PAN – Palazzo delle Arti Napoli: Personale di Rosario Mazzella, 2015.
Caserta – Reggia di Caserta: Esasperantismo, Degrado e Speranza, 2009.
Milano – Galleria Senato: Derive alle soglie della storia, 2008.
Napoli – Casina Pompeiana: I Borgia tra arte e storia, 2004.
Ascea – Fondazione Alario: Parmenide di Elea, Oltre l’assoluto, 2003.
Napoli – Istituto Italiano di studi filosofici: Oltre l’assoluto, 2003.
Benevento – Museo del Sannio, 2003.
Napoli – Palazzo Reale: Eros, dicembre 1999.
Varese – Festival Turistico, 1997.
Monaco di Baviera – Istituto Italiano di Cultura: Mafia e Potere, 1995.
Tolentino – Galleria Filelfo, 1995.
Roma – S. Michele in Ripa, 1992.
Marsiglia – Galleria: Agorà, 1989.
Milano – Galleria: Vinciana, 1988.
Treviso – Centro d’Arte, 1984.
Numerosissime le partecipazioni alle mostre collettive, le opere di Rosario Mazzella sono presenti in moltissime Gallerie e Musei nazionali ed esteri: l’opera “Viaggio a Cuba di Giovanni Paolo II” si trova nel Complesso S. Giovanni in Laterano Roma. I Graffiti di New York, Museo Arte Moderna – Bologna. Memorie del Satiro, Beni Culturali del Comune di Patrasso – Grecia. L’enigma, Museo Archeologico del Sannio – Benevento. Composizione, Museo Arte Moderna S. Agata dei Goti – Caserta. Personaggi storici, Comune di Castellanza – Varese. Ombre della Memoria, Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea Massimo Stazione – S. Arpino Caserta. Quadreria Artisti Napoletani, Istituto Statale d’Arte – Napoli. Natura segnica, Museo d’Arte Moderna – Sulmona.
Una pittura dai forti accenti cromatici, attuata su tele grezze, senza preparazione, in cui si accendono antichi bagliori che riportano ai teleri del Seicento napoletano (Argan e Bucarelli); una pittura partita da esperienze riconducibili all’informale ma in cui i due versanti linguistici, l’iconico e l’aniconico, convivono si alternano, si fondono. Emergono da questa straordinaria indagine, una personalità di grande attualità ed una produzione di coinvolgente respiro moderno, il cui orizzonte è esaltato dagli incredibili risultati di una ricerca del colore, che cattura l’osservatore sul piano emotivo di un perfetto processo di identificazione.
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Dopo la bella mostra in cui, qualche anno fa, rivisitava pittoricamente la tessitura urbanistica della città di Napoli e riproponeva immaginificamente particolari architettonici di antiche chiese e stinte tracce di affreschi ancora presenti sulle loro pareti, Rosario Mazzella propone un nuovo ciclo pittorico in cui è riattivato e magistralmente “giocato” il rapporto storia-arte. In questa nuova serie di quadri, infatti, ha ritenuto di porre al centro della sua poetica un momento significativo e fortemente suggestivo della storia passata. Oggetto dell’attenzione e dell’appassionata applicazione pittorica di Mazzella, questa volta, è un periodo tra i più importanti della storia italiana. È quel magico momento tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, quando nell’Italia centrale, ad opera di un valoroso rappresentante della famiglia Borgia, il duca Valentino (lesto di mente e di mano), si profila la possibilità di formare uno Stato sufficientemente ampio e potente, tale da poter fronteggiare la pressione sull’Italia di Francia e Spagna. E tale da consentire ad una mente acuta, qual era certamente quella di Niccolò Machiavelli, di intravedere la possibilità di realizzare precocemente l’unità politica della penisola italiana. Unificazione che, se fosse stata realizzata, avrebbe cambiato il corso degli eventi e avrebbe consentito all’Italia di evitare secoli di avvilente e devastante dominazione straniera.
A richiamare l’interesse di Rosario Mazzella, però, non sono i risvolti politici dell’azione di Cesare Borgia o la dissolutezza della sorella Lucrezia; e neppure la spudorata mancanza di purezza dei costumi del loro padre, il papa Alessandro VI. A Mazzella interessa recuperare lo spirito che anima questa famiglia originaria di Valenza, la determinazione, la forza e la tenacia con cui incarna il potere, lo rappresenta e lo adopera, ad onta dell’ipocrita perbenismo di cui si ammantava la società del tempo. All’artista Mazzella sta a cuore, cioè, la rappresentazione del potere, la sua magnificenza e la sua forza, la sua autocelebrazione, il peso e l’attrazione che esercita sul popolo.
Il recupero di personaggi e di eventi della storia nell’arte di Mazzella, in tal modo, si qualifica non come un ritorno al passato, un tentativo di evadere dal presente e dalla sua durezza, per rifugiarsi in un mondo altro, idealizzato e nobilitato. E neppure come un riutilizzo puramente imitativo di figure radicate in un tempo lontano. Assume, invece, il senso, tutto attuale, di lettura del segno portante del potere che, pur mutando in certi aspetti particolari della sua rappresentazione, non muta nell’essenza. Tale recupero, perciò, risponde perfettamente alla tesi enunciata da Benedetto Croce, ma largamente condivisa dalla cultura più avveduta, secondo cui la storia passata è sempre storia contemporanea, in quanto è sempre interrogata e ricostruita a partire da un bisogno attuale, della nostra età. E, proprio per essere interrogata e ricostruita a partire dall’oggi, è sempre permeata dal dinamismo di una forza nuova, che la riattualizza e la colloca nell’orizzonte del presente.
L’arte di Rosario Mazzella nelle tele di questa mostra, perciò, si fa strumento di ricerca di un paradigma, di una costante, di un elemento della vita associata, qual è il potere, che, seppure costruito e rappresentato con una tramatura di parole e pensieri, di forme e categorie differenti e seppure collegato a fantasie e ad esperienze rinnovate, possiede una struttura di fondo costante e permanente. L’arte opera, dunque, un’azione non solo evocativa, ma ancor più di smascheramento, di ri-velazione, di messa in evidenza di una precisa forma della vita associata.
Rosario Mazzella, con questa operazione, si colloca nel lungo e travagliato solco del fare poietico che non si limita a isolare e a riprodurre particolari, elementi discreti e definiti nella loro singolarità, nella loro consistenza fenomenica, di superficie, ma che ama scavare nella cultura storica, cercare e riproporre figurativamente le tramature profonde, le strutture portanti della storia stessa.
La scelta del tema del potere è di per sé significativa, in un momento in cui gli eventi storici sembrano mostrare due facce contrapposte della stessa questione. Da una parte un allentamento del potere, del suo ruolo di guida e di indirizzo delle comunità, con il conseguente, moltiplicantesi, fenomeno della disgregazione, della rottura delle nazioni in tanti piccoli regionalismi egoistici e autoreferenziali. Dall’altra la tentazione dei più forti a espandere con il crudo e crudele potere delle armi la loro influenza e la loro supremazia.
L’arte di Rosario Mazzella ha il dono di raffigurare e comunicare contemporaneamente il doppio volto del potere: la sua austera e ferma altezzosità, la sua minacciosa incombenza sui comuni mortali, ma anche la sua funzione rassicurativa e sedativa delle pulsioni e delle tensioni disgregatrici e aggressive dei singoli.
Basta guardare la ricchezza dei particolari minuti che fanno da sfondo e da scena ai ritratti dei personaggi eminenti della famiglia Borgia per ritrovare la semeiotica del potere, i segni degli strumenti di cui questo si serve: dalla trama intrecciata delle sbarre evocanti la segregazione dei riottosi e dei nemici, alla ricchezza e magnificenza delle vesti per Cesare e Lucrezia, dei paramenti sacri per Alessandro, al simbolo del toro, ripreso dalla mitologia di ascendenza egiziana ed evocante la forza, la possanza, il coraggio e la nobiltà, espressa con il portamento fiero e fermo, all’elmo, simbolo di tutti i poteri e di tutti i militarismi.
A Rosario Mazzella pittore, per rendere efficacemente il “senso” del potere, nella sua universale consistenza semantica, non serve la rappresentazione figurativamente e calligraficamente curata e iperealistica dei personaggi e delle scene. E neppure la messa in bella mostra di dettagli e particolari. Basta soltanto un uso sapiente ed emotivamente intenso della materia cromatica. La figura, pur nella sua chiara e traslucida presenza, è come consumata, incorporata nella trama del supporto. Non è mai poggiata e fatta galleggiare sul foglio di carta o sulla larga tramatura della tela di iuta. Sembra più accennata ed evocata che disegnata e definita secondo i canoni della tradizione dell’arte come mimesis, come copia conforme della realtà. A Rosario Mazzella non interessa rappresentare la sua percezione e la sua considerazione relative al potere con un linguaggio tanto esplicito e ricco di particolari da risultare didattico o inclinare verso un accademismo deteriore o cedere ad uno stile talmente abusato da trasformarsi in pura convenzione.
Dopo la grande lezione che da Picasso a Braque ha proceduto alla “disintegrazione del figurativo”, la resa del sentimento del pittore non può che essere affidata al colore e al ritmo, alla materia, allo spessore e al dinamismo che l’artista conferisce ad essa. Sono questi gli elementi che, integrandosi in un nuovo insieme, danno il senso concreto del messaggio del pittore. Rosario Mazzella gioca proprio su questi elementi. E lo fa con finezza stilistica e grande maestrìa. Riesce a lasciare sul supporto l’impronta del suo sentimento e del suo universo pittorico attraverso le dinamiche impresse alla materia cromatica e alla selezione di colori a densa caratura emozionale. La tavolozza di Mazzella, con le sue tinte forti e cupe ma nello stesso tempo ariose e squillanti, riesce ad accendere o a risvegliare nell’immaginario del fruitore sentimenti forti, precisi. Riesce a realizzare la magia di farli dialogare con quelli che egli, come pittore e quasi a suo sigillo, ha inteso imprimere nel quadro.
Il colore da Rosario Mazzella è trattato con i più svariati strumenti, dal pennello alla spatola al pollice. Ad ogni singolo trattamento corrisponde una sua diversa tramatura e una diversa consistenza. Nonché una diversa densità. Il tracciato del colore, l’addensamento o la rarefazione della materia cromatica in questa o in quella parte del quadro offrono all’occhio del fruitore punti di riferimento privilegiati e, soprattutto, evocano sentimenti differenti, dal drammatico al tragico, dal languido all’altezzoso. Il segreto dell’operazione pittorica di Rosario Mazzella è tutto racchiuso nella sapienza poietica con cui egli dispone il materiale sul supporto. È proprio in questa sapienza è nascosto il segreto della sua pittura. È, infatti, la materia cromatica accortamente e variamente distribuita sulla tela a dare il senso all’insieme. È la combinazione delle densità e delle cromie, il loro accostamento e la loro coordinazione in un insieme, a fare emergere il significato e a produrre la resa del quadro.
La gamma variata della scala dei colori rappresenta le unità semantiche del linguaggio di Rosario Mazzella e fornisce un senso chiaro ed esplicito, nella sua carica simbolica, al quadro. I rossi e i vinaccia evocano la durezza del potere e le lagrime e il sangue che esso, talvolta, fa scorrere. I marroni terrosi, i gialli cupi, gli ocra carichi danno il senso della durezza dell’esistenza, della paura, dello smarrimento che il potere, con la sua possanza altezzosa e inclemente, fa nascere negli animi degli uomini.
Alla scala delle cromie, Rosario Mazzella aggiunge un elemento in più. È il colore della iuta che, lasciata scoperta in alcune parti del quadro, entra a far parte integrante della campitura pittorica. Intesse con le altre parti un’intensa dialettica. Fornisce all’insieme, contemporaneamente, il senso della frammentarietà e dell’incompiutezza, il cui completamento è affidato alla lettura intelligente e immaginifica del fruitore, e il senso della totalizzazione e dell’integrazione della materia del supporto con la materia cromatica. In tal modo si compie e si chiude un ciclo dialettico. Il ciclo del rapporto, dialogante e integrativo, dell’artista con il fruitore e della tela con le cromie. L’articolazione di tutti questi elementi, coordinati e integrati, fanno l’opera d’arte e ne rendono chiaro il messaggio implicito e riposto.