Autore:STARITA BRUNO
N. - M. :Napoli, 1933 - 2010
Tecnica:Acquaforte e bulino. Esemplare: n°5/50
Misure:lastra 47 x 31 su foglio 70 x 50 cm
Anno:1979
Classificazione: Paesaggi, Figure, Moderni, Altre Tecniche, Figurativi
Bruno Starita, allievo di Emilio Notte, è universalmente considerato uno dei più grandi incisori contemporanei.
Fin da giovanissimo si dedica con particolare attenzione alla pratica calcografica. L’attività di incisore, che si accompagna a quella di pittore e musicista (ottimo suonatore di xilofono), prenderà sempre più forza fino a determinare, negli anni ’80, l’abbandono della pittura, con rare eccezioni.
Dal 1956 al 1968, insegna Discipline pittoriche presso il liceo artistico di Napoli, è poi Docente di Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Napoli dal 1969 al 2001. Ha al suo attivo un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero. Nel 1963 è invitato, unico incisore italiano, alla III Biennale Internazionale di Parigi. Sue opere figurano nelle collezioni stabili di molte istituzioni pubbliche, tra le quali: Civica Raccolta delle Stampe “Bertarelli”, Milano, Castello Sforzesco; Galleria di Arte Grafica Moderna, Ascoli Piceno, Palazzo Malaspina; Pinacoteca Comunale “Alberto Martini” di Oderzo; Museo di Arte Contemporanea di Patrasso; Accademia di Belle Arti di Perugia; Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del Novecento “Giulio Bargellini”, Pieve di Cento; Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Napoli; Gabinetto delle Stampe dei Musei Vaticani; Museo del Novecento, Castel Sant’Elmo, Napoli.
La sua opera grafica è stata segnalata da Cesare Vivaldi per il catalogo Bolaffi del 1969, e da Giorgio Di Genova e Vitaliano Corbi in quello del 1981. Figura nel “Dizionario Enciclopedico” dei pittori e degli incisori italiani dal sec. XI al sec. XX edito da Bolaffi.
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Fabula ficta si legge in una delle pitture di Bruno Starita e forse è qui la chiave dell’interpretazione. Dall’individualismo colto ed incapsulato, ad un discorso multiforme ed emblematico, impostato sulla complementarità dei singoli messaggi: un racconto criptico, tutto in filigrana per segnali riposti e contrapposizioni determinanti, quando non sono elusive ed ellittiche. […] Lo spaccato ecologico di elementare chiarezza cela tutte altre devianze ed involuzioni, nell’alternarsi concitato di una disperata ricerca di annullamento e di un’altrettanto disperata attesa della riconferma. Così le tavole didattiche di Bruno Starita tornano ai limiti connaturati di una interiorità sconvolta e sussultante.
Nell’affascinante dialogo – composito e multiforme – che si sta svolgendo tra l’Oriente e l’Occidente, questa mostra, dedicata a un italiano incisore e alla sua scuola, si colloca nel solco della reciproca comprensione e diventa occasione per ulteriori contatti e stimolanti confronti.
La sperimentazione della tecnica dell’incisione e la ricerca di temi inconsueti – arcaici e pure attuali, di derivazione colta e interiore all’un tempo – sono le costanti del lavoro di Bruno Starita che alla pratica calcografica, nel corso della sua esperienza, ha dedicato sempre maggiore attenzione fino ad accantonare, progressivamente, e quasi del tutto, la pittura.
Dopo i Paesaggi scomposti e geometrizzati degli anni ’50 e i vari cicli delle Metamorfosi, alla meta’ degli anni ’70 la produzione ha un radicale rinnovamento.
Il ritrovato interesse per la pittura, infatti, trattata con “la stessa squisitezza di mezzi, lo stesso recupero di un’antica sapienza e pulizia di mestiere delle sue incisioni” (Raffaello Causa) determina, nella produzione grafica, della quale ribadisce la piena autonomia iconografica, tecnica e stilistica – se non la superiorità – un segno asciutto, duro e severo che da’ vita ad immagini essenziali, a volte meccaniche.
Dalla fine degli anni ’70 il bulino prende sempre più il sopravvento sulle altre tecniche che pure l’artista conosce e governa con perizia quasi alchemica, ed il rapporto diretto con la lastra di rame, con il segno inciso, indirizza la ricerca di Starita.
Raffaello Causa notava come “queste opere, magicamente curate” rappresentassero “la coerente continuazione, lo sviluppo naturale delle sue precedenti ricerche, ossessive ed introverse” evidenziando quanto quelle opere rappresentassero – già venti anni fa -la consapevole opposizione di Starita a “quell’idea di modernità irriflessiva, attivistica, improvvisatrice e divoratrice di se’ medesima nella frenetica e insaziabile cupidità del nuovo”, capace di “destare il sospetto di un attualismo irresponsabile, fabbricatore di miti pericolosi”.
Agli inizi degli anni ’80 la produzione raggiunge una sontuosità tecnica senza pari, che corrisponde ad immagini di grande complessità, con citazioni frequenti di brani di natura stravolti e trasposti da una forza visionaria che, liberando l’artista dal verismo che spesso affligge gli epigoni del surrealismo, gli consente di raggiungere valori nuovi, proponendo forme dinamiche e luminose alle quali la perizia tecnica con cui tratta il bulino, l’acquaforte, l’acquatinta con audaci sperimentazioni con la vernice molle, conferisce alle immagini una particolare forza espressiva intrinseca nei segni e nei bianchi.
Dalla mostra antologica che la nostra Soprintendenza – allora per I Beni Storici e Artistici – volle dedicare, nel 1981, a Bruno Starita, nei Saloni della Villa Pignatelli di Napoli, sono passati venticinque anni, e Starita ha continuato, senza interruzioni, senza sbavature o incertezze, a esercitare la sua arte quasi come una pratica spirituale, trovando stimoli e forze nuove da una riflessione costante, lirica eppure disincantata sulla vita – le sue bellezze e i suoi orrori – attraverso un senso arcaico della conoscenza continuamente attraversato, quasi violato, dal suo tempo, un tempo rincorso e, a volte quasi anticipato, tramite un segno capace di conoscere e indagare, comunicare ed emozionare, utilizzando esclusivamente la sua propria grammatica che esprime, nella gamma dei bianche e dei neri, un mondo multiforme e variopinto, di cui resta protagonista la natura: violata dall’uomo eppure trionfante, matrigna fagocitante e affascinante, caos e ordine al tempo stesso.
Accanto alla vita da artista, la vita da maestro, Starita, come altri artisti napoletani della sua generazione, ha attraversato la storia dell’Accademia di Belle Arti: dopo esserne stato allievo, vi ha insegnato Tecniche dell’Incisione per oltre quaranta anni.