Autore:TAMBURRINI AMERIGO
N. - M. :Napoli, 1891 - 1966
Tecnica:Olio su tela
Misure:70 x 46 cm
Classificazione: Figure, Classici, Oli, Figurativi
AMERIGO TAMBURRINI
Coetaneo e compagno di studi di Crisconio, Tamburrini si formò nell’atmosfera del realismo pittorico di Cammarano. Tuttavia Tamburrini, con le esperienze acquisite alla luce del vero, venne plasmando una sua propria fisionomia dalla quale emergeva un carattere impetuoso, libero, creativo, una personalità consapevole del proprio valore, insofferente di esser condizionata da correnti o da tematiche. Pittore sensibilissimo, traduceva sulla tela le sue emozioni con tecnica larga, con tocchi vibranti, dando al colore una resa rapida ed efficace. Specialmente negli ultimi anni, Tamburrini entrava in una fase di maggiore intensità della visione del vero, liricizzato dalla immaginazione: senza indulgere al particolare, all’episodico, alle facili lusinghe del colore locale, l’impegno era volto a una rappresentazione sintetica, a una essenzialità espressiva, nella chiarezza di un impianto semplice e naturalmente elegante. Pittore equilibrato e schietto, sagace ed acuto, Tamburrini si sentiva a suo agio dipingendo nel vivo respiro della natura e del vero.
Coetaneo e compagno di studi di Crisconio all’Istituto di Belle Arti di Napoli, Amerigo Tamburrini si formò anch’egli nell’atmosfera del realismo pittorico di Michele Cammarano, proseguendo poi all’aria libera, nella schiera dei giovani di talento riunitisi appunto intorno a Crisconio nella riscoperta di quel Pascone nel quale già Pratella aveva rilevato i primi sintomi di industrializzazione. Si trattava, cioè, di acquisire alla tematica artistica un paesaggio che andava perdendo gli antichi tradizionali connotati per evidenziarne altri totalmente diversi, certo meno «piacevoli» nel senso convenzionale e derivanti dai mutamenti imposti dalla incombente civiltà tecnologica. Tuttavia Tamburrini, con le esperienze acquisite alla luce del vero, venne plasmando una sua propria fisionomia dalla quale emergeva un carattere impetuoso, libero, creativo, una personalità consapevole del proprio valore, insofferente di esser condizionata da correnti o da tematiche. Pittore sensibilissimo, traduceva sulla tela le sue emozioni con tecnica larga, con tocchi vibranti, dando al colore una resa rapida ed efficace: il che spiega perché. anche se agli inizi aveva guardato a Crisconio (e quindi alla tradizione chiaroscurale che rappresentò un vertice della pittura napoletana dell’ultimo Ottocento e del primo Novecento), lo aveva fatto con originalità di sviluppi e di cadenze sue proprie, giungendo poi a rinnovare la tavolozza e la struttura del quadro, ponendo l’accento sui valori atmosferici e tendendo a una graduale semplificazione cromatica. Specialmente negli ultimi anni, Tamburrini entrava in una fase di maggiore intensità della visione del vero, liricizzato dalla immaginazione: senza indulgere al particolare, all’episodico. alle facili lusinghe del colore locale, l’impegno era volto a una rappresentazione sintetica — ugualmente intensa nella figura come nel paesaggio e nella natura morta —, a una essenzialità espressiva, nella chiarezza di un impianto semplice e naturalmente elegante. Pittore equilibrato e schietto, sagace ed acuto, Tamburrini si sentiva a suo agio dipingendo nel vivo respiro della natura e del vero. In un’epoca artistica contrassegnata da mescolanze improprie e da imperversanti ideologie, egli fu uno dei pochissimi a restar fermo sulle sue posizioni, contro corrente, fiero ed orgoglioso, alieno da ogni compromesso. E lo fece anche quando si trovò a dover lottare con i problemi dell’esistenza, spesso acuiti proprio dal suo atteggiamento: il che gli va accreditato ad incontestabile merito.
Formatosi da autodidatta. nel 1928 partecipa alla I Mostra Primaverile d’Arte organizzata dal G.U.F. di Napoli con Luci e ombre e l’anno successivo espone tre paesaggi alla Mostra del Virgulto. Negli anni della formazione, insieme a Mario Vittorio e ad altri giovani pittori, fa parte del gruppo dei ‘crisconiani’, con cui condivide una pennellata larga e densa di colore, insieme a delle gamme cromatiche scure, quasi severe. I motivi che Io interessano non differiscono da quelli consueti del tempo: le figure, il paesaggio, la natura morta. Nel 1930 partecipa alla seconda Mostra Sindacale fascista, con Autoritratto e Case rivelando una sensibilità tonale di derivazione impressionista. Acuto osservatore della natura, ama dipingere en plein air, riuscendo a comunicare all’osservatore le emozioni che prova dinanzi al vero. «Camminatore e consumatore di scarpe» (P. Girace, 1964), va in giro per le campagne napoletane alla ricerca di luoghi inediti e scorci suggestivi che fissa sulla tela con pennellate rapide e scattanti. Nel 1932 si impone all’attenzione del pubblico con la sua prima mostra personale alla Sala Paola, che raccoglie sessanta opere tra cui La pipa, In villa, Da Capodimonte, Via Roma. Pur rimanendo un pittore indipendente per temperamento e carattere, condivide in questi anni il tentativo di uscire dai limiti di una cultura attardata e provinciale mostrando un’apertura ai problemi dell’arte contemporanea. Paolo Ricci ricorda i vivaci dibattiti sulle avanguardie tra i giovani artisti che si riunivano intorno a Crisconio. Figura è un’opera in cui si avverte la meditazione su Cézanne. Il pittore affronta con nuova responsabilità la costruzione dell’immagine. Il geometrismo dei volumi è evidenziato da un colore pastoso giocato sulla prevalenza dei grigi e dei verdi. La figura isolata della donna vista di tre quarti, si fonde con l’ambiente in un calmo rapporto di luci e di ombre. Interno propone uno spazio scandito dal taglio in diagonale che dà il senso della profondità. Un vaso di fiori, un libro aperto in primo piano, dietro una finestra che offre allo sguardo un paesaggio indefinito. I toni caldi, una pennellata espressiva, sono le note predominanti delle opere di questi anni. Inverno esposto alla IV Mostra Interprovinciale fascista nel 1933 conferma la capacità di fissare sulla tela in maniera rapida e sintetica il motivo: un tronco spoglio di un albero in primo piano che annuncia la stagione invernale. Tamburrini continua ad esporre nelle successive Mostre Sindacali campane fino al 1942 senza tuttavia cedere alla retorica di regime e continuando a mantenere un saldo rapporto con la realtà quotidiana. Nel I 943 con Placido e Taliercio espone ventiquattro opere alla Galleria d’Arte in una mostra organizzata dall’Unione Fascista dei Professionisti ed Artisti di Napoli. Nelle opere di questi anni abbandona gradualmente la sua prima maniera pur non variando le tematiche. Figure, nature morte e paesaggi sono riproposte depurate dei timbri cromatici più cupi propri della produzione degli anni Trenta e ravvivate da toni puri e atmosfere terse, anche se con un’esecuzione ancora una volta impetuosa. Negli anni della maturità Tamburrini continua ad alimentare la sua vena di paesaggista espressionista senza distaccarsi dall’ambiente napoletano. Nel 1947 espone al I Salone delle Arti Figurative nel ridotto Del Teatro San Carlo Autoritratto ancora in chiave crisconiana. L’anno successivo è presente alla I Mostra Nazionale a Cava dei Tirreni. Dagli anni Cinquanta si registrano sue personali a Nervi, Bologna, Milano, Livorno, Napoli. Al Circolo Artistico di Bologna nel 1957 i suoi quadri sono esposti senza titolo come denuncia della piena autonomia del fatto pittorico. Nel catalogo della mostra dichiara testualmente: « I miei quadri non hanno titolo, ché, se dovessero averlo, preferirebbero quello di rendita». Ma la pittura può intendersi anche come gioco, e Tamburrini non si esime dal personalizzare per gli amici i biglietti da visita con un fine esclusivamente ludico. È presente negli anni Sessanta ad alcune rassegne nazionali: Premio Nazionale di Pittura Posillipo (1961, 1962, 1963), Premio Michetti (1964, 1965). Sono state organizzate nel corso degli anni Settanta e Ottanta alcune retrospettive presso la Galleria Mediterranea di Napoli.
MarcianoArte, galleria d’arte e cornici, Napoli