Vincenzo Caprile, Tre paesaggi

Autore:CAPRILE VINCENZO

N. - M. :Napoli, 1856 - 1936

Tecnica:Olio su tavola

Misure:5,8 x 13 cm cad.

Classificazione: Paesaggi, Oli, Figurativi, Antichi, Classici

Note Critico - Biografiche

Vincenzo Caprile

Napoli, 1856 – 1936 

 

 

I tre paesaggi:

 

Paesaggio verticale del pittore Vincenzo Caprile (1856-1936), dipinto ad olio su tavoletta 13x5,8 cm
“Paesaggio verticale 1”, olio su tavola 13×5,8 cm

 

Paesaggio orizzontale del pittore Vincenzo Caprile (1856-1936), dipinto ad olio su tavoletta 13x5,8 cm
“Paesaggio orizzontale”, olio su tavola 5,8×13 cm

 

Paesaggio verticale del pittore Vincenzo Caprile (1856-1936), dipinto ad olio su tavoletta 13x5,7 cm
“Paesaggio verticale 2”, olio su tavola 13×5,8 cm

 

 

VINCENZO CAPRILE

Vincenzo Caprile (1856-1936), formatosi nell’atmosfera palizziana, indirettamente, attraverso lo Smargiassi, che riproponeva i temi della Scuola di Posillipo e poi di Rossano, si accosta in qualche modo all’estetica della Repubblica di Portici, lavorando e studiando lungamente in compagnia di Federico Rossano e di Alceste Campriani; ma il pittore non si adatta a un indirizzo determinato, pur avendo, insieme agli amici «porticesi», anche una certa propensione alla adozione della «macchia». La sua natura di sperimentatore eclettico ed appassionato, lo porta ad orientarsi in parte anche verso la pittura aneddotica, che però in Vincenzo Caprile si esprimeva con ben altra «civiltà» compositiva e cromatica. Ne fanno fede il dipinto La dote di Rita, della collezione D’Angelo, un quadro dominato dal rosso della gonna del modello, un rosso che si ritrova anche ne L’interno rustico, mentre nel quadro Sossio e Maria Rosa, scena dall’impianto vagamente teatrale, ricca di episodi squisitamente pittorici, le due figure s’inseriscono nell’ambiente con l’evidenza della pittura realistica del Seicento. Ma, oltre che nella pittura di genere, Vincenzo Caprile si esprime felicemente nella pittura di paesaggio, in cui si ritrovano freschezza e grazia istintive. Paesisticamente egli predilige la natura di Positano e l’atmosfera decadente e raffinatissima dei motivi veneziani; cosi l’artista si divide tra i due temi preferiti, trovando nella natura a lui più congeniale della costiera amalfitana i motivi elegiaci e niente affatto convenzionali di una pittura che proviene da lontano, dagli esempi di un certo vedutismo settecentesco, rivissuto dall’artista sul piano di una descrizione puntuale della vita e degli avvenimenti delle popolazioni marinare che popolano le rocce e le spiagge di Positano, di Amalfi e di altri paesi che s’affacciano sul golfo di Salerno. Diversa invece la pittura di ispirazione veneziana in cui dominano, accanto alle notazioni offerte dai solenni edifici che s’affacciano sulla laguna, l’atmosfera e la calma di una natura improntata al grigio atmosferico che si riflette nei canali della città. La visione di Venezia di Vincenzo Caprile, pur essendo contemporanea alla versione «eroica» del paesaggio dannunziano, evoca al contrario un’immagine dominata dalla malinconia, nei toni dimessi in cui sono tratteggiati le case, i canali, i ponti e le gondole, sullo sfondo di una Venezia a misura d’uomo. Ma il dato più clamoroso di Caprile è nella sua ritrattistica, nella quale, stranamente, si avverte l’influenza della pittura nord-europea, in specie di Munch, come dimostrano il ritratto Fanciulla di Positano e, soprattutto, un ritratto del padre dell’attuale proprietario dell’albergo «Il covo dei Saraceni» della marina di Positano, che ha la potenza espressiva e la deformazione dolorosa delle opere del grande pittore norvegese.

 

VINCENZO CAPRILE  (1856 – 1936)

Nato a Napoli da una famiglia benestante ebbe sin da piccolo la passione per la pittura che fu osteggiata dai genitori che Io avviarono a tutt’altre discipline. A soli 17 anni, nel 1873, da autodidatta presentò un suo dipinto, come dilettante alla Promotrice napoletana, che fu accettato ed inserito in catalogo. Forse per questo successo, e certamente per le sue insistenze, il padre si convinse a presentare alcuni suoi lavori a Morelli che gli consigliò decisamente di farlo proseguire per questa strada. Nel 1874 si iscrisse all’Istituto ed ottenne un premio di incoraggiamento. I suoi maestri furono lo stesso Morelli, Carillo, il Mancinelli e Gabriele Smargiassi e da quest’ultimo subì l’influenza della tramontata scuola di Posillipo. Nel 1876 una sua esercitazione di paesaggio fu premiata con la somma di 40 lire; dopo poco più di due anni, terminati gli studi lasciò l’Istituto; nell’85 fu nominato Professore onorario. Vincenzo Caprile fu amico di Federico Rossano e di Alceste Campriani, animatori della Scuola di Resina. Con questi lavorò a lungo in campagna, dal vero, e ciò gli consentì di liberarsi dagli strascichi del rigido insegnamento accademico e di formarsi una personalità pittorica che rimarrà immutata per tutta la sua carriera. Nel 1877 presentò alla Esposizione Nazionale di Belle Arti “Le sempre vive” e nello stesso anno alla Promotrice napoletana “Il cortile” che riscosse un grosso successo e fu acquistato dal re SM Vittorio Emanuele II. Questo successo favorì la rapida ascesa dell’artista poco più che ventenne. Il suo periodo migliore possiamo considerarlo tra gli anni 80 e 90. Nell’80 presentò alla Esposizione Nazionale di Torino la “Dote di Rita” che sancì il suo successo in campo nazionale, osannato dalla critica tanto che il Corriere della Sera ne eseguì una riproduzione in stampa a colori che fu donata a tutti i suoi abbonati. Il successo si ripete l’anno successivo con “Chi mi ama mi segua” presentato alla Esposizione di Milano; il dipinto raffigura una pastorella sorridente con in mano un fascio di canne e di erba che alcune pecorelle si accingono a brucare. Riportiamo un passo della critica tratta dall’Illustrazione italiana del 1881: “La pittura del Caprile è come quella figura, giovane, robusta, sana, schietta e viva“. Vincenzo Caprile fu un artista versatile che spaziò dal ritratto al paesaggio, alle scene di interni ed a quelle di vita popolare napoletana, ebbe una vastissima produzione, accumulò e conservò gelosamente centinaia di piccoli studi su tavolette, propedeutici a lavori eseguiti in studio di più vasto impegno. Restio a lasciare Napoli effettuò pochissimi viaggi dovuti spesso all’esigenza di accompagnare suoi dipinti ad esposizioni, se si esclude la sua permanenza in Argentina durata circa un anno. Le località italiane che esercitarono sul Caprile un grosso fascino furono certamente, Napoli, Positano e Venezia, ove l’artista si è recato per anni in villeggiatura, ritratte innumerevoli volte e che possiamo considerare tra la parte migliore della sua produzione. L’artista, unitamente all’amico Giuseppe de Santis, aprì una scuola privata di disegno e pittura che fu frequentata dalla migliore società partenopea e soprattutto gli consentì di insegnare al di fuori dell’Istituto, senza i rigidi schemi che imponeva l’epoca. Il Caprile ebbe molti committenti illustri: il re Umberto I acquistò nell’82 nell’85 “Acqua zuffegna” presentato alla Promotrice di Napoli; alla triennale di Belle Arti di Milano del’94 acquistò “Gabbia di scimmie” e “Ponte della Colonica”; all’Esposizione di Firenze del’96/97 acquistò “Vecchio carrubo” mentre la regina Margherita preferì “Idillio”. Nel’93 la stessa regina acquistò “Santa Lucia” e “Napoli vecchia” per farne dono all’imperatrice di Germania. L’artista eseguì anche i ritratti di quasi tutti i reali e nel 1901, su commissione del senato eseguì i ritratti dei Principi di Napoli. Nel 1910 Vittorio Emanuele III acquistò “Campo San Zanipolo”: oltre ai reali ebbe una folta e aristocratica committenza, tra cui l’imperatrice madre di Russia. Innumerevoli collezionisti privati, gallerie e musei. Fu gratificato da molte onorificenze: professore onorario a Napoli, al Regio Istituto di Belle Arti di Urbino e nel 1933 fu nominato insieme a Paolo Vetri e Vincenzo Migliaro Accademico di San Luca.   

Roberto Rinaldi – Pittori a Napoli nell’Ottocento

 

 

 

MarcianoArte, galleria d’arte e cornici, Napoli

Salvatore Marciano

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